mercoledì 4 gennaio 2012

Connessioni

In queste due settimane abbondanti di vacanza Sofia ha potuto apprezzare pienamente la vita casalinga: alzarsi alle dieci, gustare le sperimentazioni culinarie di me e Roberto - quasi sempre accompagnate da un "non piace" e un volo a planare sul pavimento -, dosi un po' più abbondanti dei soliti trenta minuti cronometrati al giorno di cartoni animati. Il fatto è che io non sono proprio sicurissima che i cartoni animati facciano bene ai bambini. Ci sono quelli che, a proposito del latte di mucca, o dei cartoni animati appunto, o anche di altre regole dell'educazione moderna, dicono "Eh, ma sono diventato grande comunque". Sì, ma sei diventato grande con la gastrite.  Adesso per fortuna i cartoni animati sono politically correct. Ad esempio, il papà della Pig Family, uno dei cartoni animati preferiti di Sofia, è rappresentato come un idiota, mentre la mamma la sa sempre giusta. L’immaginario dei bambini si forma nei primi anni di vita, contemporaneamente al formarsi delle connessioni sinaptiche del loro cervello. Le mie, ad esempio, sono state influenzate da dosi massicce de “La casa nella prateria”, la storia della famiglia più sfigata del West. Quindi mi succede ancora oggi che di fronte alle normali difficoltà della vita mi venga da pensare subito all’apocalisse, alla tragedia, alla disfatta totale. Tipo che in una sola puntata, Charles, il padre, perdeva il lavoro; Carolin, la madre, si tagliava facendo la torta e come minimo le veniva un’infezione che le dovevano amputare un braccio, rimaneva tre giorni da sola con la febbre a quaranta e nessuno la trovava - i figli non si sa dove fossero -, mentre il marito era rimasto bloccato nella neve durante la ricerca del lavoro; alla fine per fortuna il medico  riusciva a salvarla in extremis, ma già che c’era le diceva che la prima dei suoi cinque figli, Mary, sarebbe diventata cieca. In più erano poveri, ma dignitosissimi, andavano in chiesa e ringraziavano sempre il Signore – una pizza incredibile –  e c’erano sempre i figli dei ricconi del paese, che avevano un emporio, che li prendevano in giro, facevano scherzi in continuazione ... insomma stronzi come pochi, ma loro, gli Ingalls (leggi Ingols), così si chiamavano, sempre generosi, altruisti, una roba che a me veniva voglia di sfrantecargli il negozio al posto loro. Un’altra sfortunatissima, ma anche simpatica, era Candy Candy. Tipo che si faceva adottare e si sbagliava, quelli in realtà volevano una cameriera. Visto che poi lei si innamorava di Terence, che la ricambiava, ma anche si faceva, per dir così, beffe di lei, quando avevo undici anni ero convinta che se uno ti prendeva un po' per il culo voleva dire che era innamorato di te. Con quali conseguenze, si può immaginare. Insomma, bisogna starci attenti con la televisione, perché poi ti si formano dei veri e propri circuiti nel cervello che ti portano a immaginare quelle cose lì. Soprattutto da piccoli, ma anche da grandi, basta vedere cosa ha fatto Berlusconi in trent'anni. L’unico che pur essendo sfortunato a me piaceva era Remi, che anche se era stato affidato a un saltimbanco ed era poverissimo, viveva a Parigi e in giro per la Francia, aveva una scimmia e un cane e dormiva sotto i ponti. Ogni tanto mi viene il dubbio che questi cartoni animati e telefilm degli anni Settanta, pur bellissimi e interessantissimi - ci passavo le ore -, in fondo fossero sadici e instillassero nello spettatore fanciullo un germe di masochismo pericolosissimo. Adesso invece anche un panda grasso può essere simpatico e diventare maestro di kung-fu.

Una che ne sa un sacco di connessioni sinaptiche e bambini è lei:
Sembrano felici, ma è un'illusione:

giovedì 17 novembre 2011

La babbite

In questi primi giorni di freddo novembrino il tranquillo ménage familiare è stato sconvolto dall'arrivo di una malattia, non sappiamo se stagionale o del tutto fuori stagione come le zanzare sopravvissute all'estate che hanno deciso di svernare in casa nostra. Complici i numerosi impegni del genitore numero uno - essendo la genitrice stata  temporaneamente declassata a numero due - la piccola Sofia è sempre più frequentemente soggetta ad attacchi di babbite acuta - il vocabolo "papi" è stato da tempo soppresso dal lessico familiare. In genere questi attacchi si manifestano alle due di notte, quando i genitori numero uno e numero due dormono beatamente, il fuoco della passione ormai spento sotto due strati di piuma d'oca. La piccola sedotta e abbandonata chiama per il ciuccio o la bambola che non si trovano, fra le lacrime vuole essere portata nel lettone - in verità una ben più modesta piazza e mezza francese - e si abbarbica come l'edera in primavera al semi-incosciente genitore numero uno, ignorando e allontanando con sufficienza la solerte genitrice numero due che cerca inutilmente di convicerla a tornare nel suo lettino. Dopo alcune mattine di risvegli dolorosi per via di un piedino nelle costole o una contrattura alla spalla, la genitrice numero due ha preparato una cura d'urto. Il prossimo sabato sarà la "giornata del papà", con programma per due che prevede colazione, uscita al parco, pranzo in trattoria, pennichella teneramente allacciati e teatro per bambini, mentre lei sarà impegnata in una seduta di massaggio ayurvedico e in gruppo di autocoscienza per sole donne. D'altro canto ... se non ora, quando?

domenica 9 ottobre 2011

Vietato lavarsi i denti

Questo non è un Paese per bambini. Forse non è più un Paese per nessuno (e non so se è perché credo ancora nella cosa pubblica che "paese" lo scrivo sempre con la maiuscola), ma accadono cose che dovrebbero risvegliare il nostro spirito di ribellione, mentre spesso siamo assopiti. Tipo: dall'asilo nido alle elementari è vietato ai bambini (sottolineo vietato) portarsi lo spazzolino e lavarsi i denti dopo mangiato, perché potrebbero contagiarsi  nel caso se lo scambiassero fra loro. Mi chiedo quante probabilità ci siano che un bambino si ammali di aids scambiandosi lo spazzolino con un compagno dell'asilo e quante che si ammali di carie (visto che in Italia non è ancora vista come una malattia, ma come un destino ineluttabile, così come l'ingrossarsi del portafoglio del dentista). Oppure: i bambini alle elementari non possono andare a chiedere i gessi per la lavagna al bidello (ops ... collaboratore scolastico), perché potrebbero farsi male nel tragitto. Mi chiedo allora se in Italia sarà mai possibile mandare un bambino di sei/sette anni a scuola da solo a piedi come avviene in altri Paesi europei e per quanti anni ancora dovremo sorbirci code di auto vomitanti veleno davanti alle scuole. Insegno filosofia nei licei e sono obbligata dalla normativa ad accompagnare i miei studenti all'uscita alla fine delle lezioni, per questioni di sicurezza. Io li guardo uscire uno per uno, li invito a non buttarsi di sotto con un aliante ma a scendere le scale e violo quotidianamente la legge. Mi sembra assurdo. Assurdo che i bambini al nido non si possano lavare i denti dopo mangiato, che non possano correre o uscire d'inverno sotto la neve. Assurdo che i bambini alle elementari non possano andare a scuola o almeno in bagno da soli. Assurdo che io debba per legge accompagnare dei diciassettenni perfettamente deambulanti all'uscita della scuola. Mi ribello alle gabbie mentali e fisiche che una cultura sempre più terroristica e demenziale mi sta costruendo intorno. Comincerò con lo scrivere al sindaco per chiedere che ai bambini sia permesso di lavarsi i denti.

lunedì 1 agosto 2011

Vacanze da disoccupati ovvero: le vie della decrescita sono infinite

La chiamano "decrescita felice", già ne abbiamo parlato sul nostro blog, e anche se non è esattamente la stessa cosa, quando non si hanno liquidi ci sono tanti modi per divertirsi in vacanza, ovvero: le vie della decrescita sono infinite. Così sabato e domenica Roberto ed io, affidata Sofia ai nonni per due stimolanti pomeriggi nella piscinetta di gomma del giardino, abbiamo percorso nei due sensi la Milano-Venezia con un biglietto omaggio della nuova compagnia che gestisce le ferrovie lombarde. Parentesi: non sappiamo se questa nuova compagnia sia privata, in tutto o in parte, e allora ci sarebbe da discutere; ma di certo, nonostante il biglietto omaggio e l'invito a sperimentare i nuovi trasporti integrati, i treni erano in ritardo, senza aria condizionata e sovraffollati, come sempre. Ragion per cui abbiamo compilato il modulo di reclamo che l'impiegato incredibilmente bilingue della stazione di Desenzano sul Garda ci ha fornito immediatamente e senza dare segni d'insofferenza. Forse c'è speranza. A Milano abbiamo visitato il Museo del Novecento, dalla cui terrazza si ha una vista incredibile su piazza Duomo. Invece sul Garda abbiamo amabilmente cazzeggiato, godendoci la luce del lago e concedendoci un bicchere di Lugana doc del territorio in una delle poche cantine che non si chiami "lounge bar" e i cui tavoli non siano a un metro e mezzo di altezza da terra. Adocchiato il primo spazio verde utile in un giardinetto in riva al lago, abbiamo steso la copertina, mangiato i nostri panini al sacco, sonnecchiato e letto il giornale, guardati malissimo da alcuni indignados vestiti per l'aperitivo della domenica. Ci siamo sentiti meno soli quando un'altra buona dozzina di persone ha imitato il nostro dirompente gesto. E' vero: fra i tavolini dei bar e lo svacco libero ci sono le panchine, ma se la classe media sta scomparendo, a quelli in decrescita forzosa non restano che gli estremi. In orizzontale, poi, si sogna meglio.

lunedì 20 giugno 2011

Ma dio balla il merengue?

Sofia non è stata battezzata e non abbiamo intenzione di impartirle nessuna educazione di tipo confessionale. Probabilmente non farà nemmeno l'ora di religione a scuola, anche se a me e a Roberto piacerebbe parlare con lei di religioni, di santi e di dio. Per quanto riguarda le basi della moralità, basterebbe l'imperativo categorico kantiano: "Considera l'essere umano, in te stesso e negli altri, sempre anche come fine e non solo come mezzo". Vado a memoria, forse non è una citazione letterale, ma insomma il messaggio è chiaro. Ciononostante, ieri, davanti a una statua della Madonna, Sofia si è profusa in una pioggia di bacini mandati con le mani. Roberto ed io ci siamo un po' stupiti, ma sappiamo che il nonno, ogni tanto, la porta in chiesa. Non sappiamo come reagire: da un lato ci sembra una cosa innocua, dall'altro un pomeriggio all'oratorio - Roberto a settembre partirà con un gruppo di auto mutuo aiuto per immigrati sudamericani ed ha contrattato con il "don" per avere una sala - ha riaperto in me una serie di ferite ... magari ormai piccole cicatrici sopite da anni, ma fastidiose. A un certo punto della mia vita, intorno ai tredici anni, mi sono chiesta perché gli oratori dovessero essere il ricettacolo di nubili e pedanti donne sulla cinquantina, ancora ridicolmente chiamate "signorine", che portano segnata sul corpo la mancanza di un amore, di un piacere carnale di qualsiasi natura, infagottate in gonne informi di jeans, collant e sandali alla francescana, camiciole dagli improbabili colori "polvere", "fango", "bianco sporco". Perché si dovesse sempre far finta di entusiasmarsi ballando castamente al suono di canzoni come "il signore è il mio pastore" e "tutto il creato è amore": e se provassimo a chiederlo ai libici? Non voglio sembrare cinica e non credo di esserlo: nella fratellanza, nella spiritualità, nella bellezza della natura ci credo per davvero, ma non ho mai capito perché debbano essere rivestite di falsa ingenuità, che alla fine diventa ipocrisia. In fondo ho sempre avuto l'impressione che queste visioni, trasmesse con canzoncine e bacetti a Maria e al crocifisso, siano profondamente parziali, mancanti di qualcosa ... della carnalità, del dolore, del lato oscuro che tutti abbiamo, per cui la vita non è un'eterna benedizione. Ecco: non vorrei che Sofia imparasse, come me, a credere in assoluti che non esistono. Quando io me ne accorsi, che questi assoluti non esistevano e che i miei giovani dolori non potevano esserne risanati, non fu cosa da poco. Fu pure peggio, perché caddi da un assoluto all'altro, dalla beatitudine alla perdizione e trovare la via di mezzo, se vogliamo dir così, non fu affatto semplice. Senza dio, per i miei ex fratelli e sorelle in Cristo, ero perduta, c'era poco da fare. Mi ritrovai sola. Solo più tardi imparai, con Aristotele, che il fine della vita è la felicità e che il Bene platonico è troppo lontano per noi esseri umani. E che la felicità è tale quando la si può condividere con gli altri. Questo vorrei che Sofia imparasse e non credo che nessuna religione possa monopolizzare la questione. Mi sembra assurdo che dio venga addotto a spiegazione di qualsiasi cosa, che ogni cosa debba essere ammantata del riferimento a lui - tra l'altro sempre lui, il padre, mai la madre o, che so io, l'essere, la natura ... Non so come avvenga per le altre religioni: i miei amici valdesi un giorno mi stupirono dicendomi che prendevano lezioni di salsa e merengue per essere più vicini alla loro comunità. Per come li conosco non credo che, nelle serate al chiar di luna passate a ballare, abbiano avuto bisogno di musicare qualche passo dei vangeli. E credo anche che dio, se esiste, gliene sia stato grato.

martedì 14 giugno 2011

Un buon inizio

Dall'ultimo post sono passati diversi mesi. L'inverno alla fine ci ha inghiottito ma, come un fiume carsico che lavora silenzioso sottoterra, siamo finalmente riemersi. Le ultime settimane fanno ben sperare e mi sembrano già lontani anni luce gli amari commenti allo stato della politica italiana. La politica fa sempre schifo, ma almeno abbiamo riscoperto di essere un popolo. Abbiamo messo i primi mattoni per un cambiamento e da adesso in poi dovremo lavorare, o meglio creare qualcosa di nuovo. Un'Italia migliore ... un mondo migliore? Per me le lezioni sono finite e ho più tempo per occuparmi del cambiamento. Sì, perché non si cambia senza tempo a disposizione. Oggi ho letto su Repubblica un articolo su bambini di due/tre anni educati alla competizione, costretti a imparare nozioni a memoria per poter accedere alle migliori scuole. Non so bene che legame ci sia con l'acqua pubblica, il no al nucleare e la legge uguale per tutti, ma anziché costringere i bambini a imitare la nostra follia, potremmo noi imitare loro. Qui sotto un ottimo esempio (da cui rubo il manifesto dei diritti naturali di bimbi e bimbe):
http://ridiventaregrandi.blogspot.com/


Il manifesto dei diritti naturali di bimbi e bimbe

1. IL DIRITTO ALL'OZIO
a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti
2. IL DIRITTO A SPORCARSI
a giocare con la sabbia, la terra, l'erba, le foglie, l'acqua, i sassi, i rametti
3. IL DIRITTO AGLI ODORI
a percepire il gusto degli odori 
riconoscere i profumi offerti dalla natura
4. IL DIRITTO AL DIALOGO
ad ascoltare e poter prendere la parola, interloquire e dialogare
5. IL DIRITTO ALL'USO DELLE MANI
a piantare chiodi, segare e raspare legni, scartavetrare, incollare, plasmare la creta, legare corde, accendere un fuoco
6. IL DIRITTO AD UN BUON INIZIO
a mangiare cibi sani fin dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura
7. IL DIRITTO ALLA STRADA
a giocare in piazza liberamente, a camminare per le strade
8. IL DIRITTO AL SELVAGGIO
a costruire un rifugio-gioco nei boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi, alberi su cui arrampicarsi
9. IL DIRITTO AL SILENZIO
ad ascoltare il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell'acqua
10. IL DIRITTO ALLE SFUMATURE
a vedere il sorgere del sole e il suo tramonto, ad ammirare, nella notte, la luna e le stelle.

domenica 20 febbraio 2011

The terrible one and a half

Preparare il nostro prossimo viaggio a Zurigo e quello successivo a Lisbona, immaginare che sia già estate e giocare con paletta e formine per la sabbia sul pavimento di casa è il nostro modo, mio e di Sofia, di superare indenni l'inverno. Sofia cresce e da una settimana ha deciso che non vuole più poppare. Ieri sera, quindi, a casa di D. e C., coppia italo-messicana, dove normalmente il vino e la tequila scorrono copiosi, ho festeggiato la fine di 24 (ventiquattro!) mesi di astinenza da alcolici. Ad essere sincera, non è stata un'astinenza completa, perché io sono della scuola del "mezzo bicchiere al giorno non fa mai male". Però ieri è stato decisamente più di mezzo bicchiere e sono tornata a casa rincoglionita e felice. Sofia, intanto, a sedici mesi quasi compiuti, continua la sua esplorazione del mondo ed ha già capito che, essendo un essere libero, può fare potenzialmente quel che vuole: prendere dagli scaffali del supermercato barattoli scelti a caso e buttarli per terra, mangiare lo yogurt da sola versandone metà sul pavimento, bere un'aperitivo a base di shampoo per bambini, vestirsi da sola mettendosi il maglione in testa al posto del capello. Roberto ed io restiamo vigili al suo fianco durante tutte queste amene attività e, esterrefatti di fronte alla potenza devastatrice del nostro giovane virgulto, ci rendiamo conto che i "terribles two" ... nel nostro caso sono sono in anticipo "solo" di qualche mese!

A proposito di piccoli intraprendenti, guardate qui:
http://www.youtube.com/watch?v=7dfyXYwVBP0