"Hai sentito di Sara?". "Sì, hanno convalidato il fermo a Sabrina, ma dice di non essere stata lei". "Dalle cinque stanno interrogando anche Cosima". Discorsi da corsia d'ospedale: Cristina e Roberto ci mettono un po' a capire che le due donne non stanno, per fortuna loro, parlando di qualcuno che conoscono, ma del delitto che sta riempiendo le pagine dei giornali da una decina di giorni. Si guardano increduli e commentano a bassa voce. Com'è possibile che siano così coinvolte? Com'è possibile che seguano la vicenda su internet e si tengano aggiornate sugli sviluppi? Non hanno altro di cui parlare? Il discorso scivola poi sull'ultimo sceneggiato televisivo e stasera tra l'altro comincia anche la nuova edizione del Grande Fratello.
Nel libro "La cultura degli italiani", Tullio De Mauro scrive che solo il 29 % di loro ha una vita linguisticamente ed intellettualmente ricca, che solo un terzo degli italiani e delle italiane possiede le parole per poter esprimere adeguatamente idee, sentimenti, speranze, illusioni, desideri, emozioni, preferenze ... quell'intreccio impalpabile che sorregge le nostre vite. Forse ora è più chiaro da dove viene il senso di sgomento che abbiamo provato nell'ascoltare le due donne, di fronte a quel miscuglio di linguaggio giudiziario e pettegolezzo da strada che nasconde l'incapacità di pensare altro che non sia ciò che la televisione vomita per giorni, semplificando la realtà e cancellando ad una ad una le parole che permettono di dire e di pensare la propria esistenza. Parliamo linguaggi diversi, siamo i protagonisti attoniti della versione postmoderna della Torre di Babele.
Cristina non è mai stata particolarmente patriottica ed è la prima ad essere ferocemente critica verso l'Italia e gli italiani. Ultimamente, però, si sente urtata e prova un dolore acuto quando ascolta critiche impietose e spesso giuste sul suo paese. Quali parole possono esprimere questo sentimento? Vergogna, impotenza, tristezza? Dove cercare le parole che permettano di pensare un paese diverso, dove tutti, a prescindere dalla nazionalità, si possano riconoscere?
Come sempre, una citazione cinematografica:
http://www.youtube.com/watch?v=qtP3FWRo6Ow
Nel libro "La cultura degli italiani", Tullio De Mauro scrive che solo il 29 % di loro ha una vita linguisticamente ed intellettualmente ricca, che solo un terzo degli italiani e delle italiane possiede le parole per poter esprimere adeguatamente idee, sentimenti, speranze, illusioni, desideri, emozioni, preferenze ... quell'intreccio impalpabile che sorregge le nostre vite. Forse ora è più chiaro da dove viene il senso di sgomento che abbiamo provato nell'ascoltare le due donne, di fronte a quel miscuglio di linguaggio giudiziario e pettegolezzo da strada che nasconde l'incapacità di pensare altro che non sia ciò che la televisione vomita per giorni, semplificando la realtà e cancellando ad una ad una le parole che permettono di dire e di pensare la propria esistenza. Parliamo linguaggi diversi, siamo i protagonisti attoniti della versione postmoderna della Torre di Babele.
Cristina non è mai stata particolarmente patriottica ed è la prima ad essere ferocemente critica verso l'Italia e gli italiani. Ultimamente, però, si sente urtata e prova un dolore acuto quando ascolta critiche impietose e spesso giuste sul suo paese. Quali parole possono esprimere questo sentimento? Vergogna, impotenza, tristezza? Dove cercare le parole che permettano di pensare un paese diverso, dove tutti, a prescindere dalla nazionalità, si possano riconoscere?
Come sempre, una citazione cinematografica:
http://www.youtube.com/watch?v=qtP3FWRo6Ow
Hai ragione Cristina, vergogna, impotenza e tristezza, per commentare il nostro paese, sono perfette.
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